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Nel cuore dell’estate, la musica si fa vegetale. È arrivata in Italia una delle realtà più originali del panorama musicale contemporaneo: la Vegetable Orchestra, un ensemble nato a Vienna nel 1998, che da oltre 25 anni si esibisce utilizzando esclusivamente strumenti realizzati con ortaggi freschi.

Lo scorso 12 luglio sono stati ospiti a Trento, sul palco del Teatro Capovolto, con una performance sorprendente e affascinante. Dopo l’Italia, sono stati in concerto in Francia e in Giappone, dove il 25 aprile hanno suonato al Play Earth Park di Tokyo. Tra le ultime tappe anche Essen, in Germania.

L’idea è semplice ma visionaria: dimostrare che la musica può nascere anche dagli elementi più effimeri e quotidiani, come una carota o una zucca. Così il gruppo, composto da una decina di membri — tra musicisti, architetti, designer, sound poet e persino uno chef — costruisce ogni strumento poche ore prima dello spettacolo. Le carote diventano flauti, i porri si trasformano in archi, le zucche si fanno tamburi, mentre i cetrioli e i peperoni si prestano a diventare trombe, maracas e “cucumberphones”.

Il risultato è un’esperienza sonora unica. Il repertorio della Vegetable Orchestra mescola generi con disinvoltura passando dall’elettronica sperimentale al free jazz, dal noise al dub, fino alle reinterpretazioni di Stravinsky o Kraftwerk. Le loro partiture possono essere vere e proprie composizioni grafiche o fumetti da interpretare liberamente perché, in fondo, anche la scrittura musicale può uscire dagli schemi.

Dalla prima esibizione a Vienna a oggi, la Vegetable Orchestra ha tenuto centinaia di concerti nei cinque continenti. Si sono esibiti al Royal Festival Hall di Londra, al Centre Pompidou di Parigi, in festival internazionali tra Asia, Europa e Stati Uniti. Il Guinness World Records ha riconosciuto la loro unicità assegnando loro il primato mondiale per il maggior numero di concerti tenuti con strumenti realizzati interamente in ortaggi freschi.

Ma l’esperienza non finisce con l’ultima nota. Dopo ogni spettacolo, le verdure avanzate vengono cucinate in una zuppa che viene offerta al pubblico, trasformando la performance in un rito collettivo, multisensoriale, che unisce arte, suono e convivialità.

popfest 2015